Ogni cerasicoltore ne è consapevole: l’incidenza dei costi di manodopera sui costi di produzione è molto alta, può arrivare a superare il 50% e la manodopera, soprattutto quella specializzata, è sempre più difficile da reperire. Guardando oltreoceano la situazione è molto simile, anche negli Stati Uniti non va meglio.
È proprio per provare a trovare una soluzione ai crescenti costi di manodopera e alla carenza sempre più accentuata e per migliorare l’efficienza della produzione a parità di qualità di prodotto che la Washington State University sta da anni lavorando sul tema meccanizzazione di operazioni come potatura, dirado, raccolta e impollinazione.
Potatura meccanizzata per abbassare i costi di produzione
Durante un evento proprio della WSU, il prof. Matthew Whiting del Dipartimento di Orticoltura e Architettura del Paesaggio ha fatto il punto sullo stato della ricerca con la sua relazione intitolata ‘Opportunità per la meccanizzazione nella produzione delle ciliegie” (potete guardare il webinar in inglese qui).
“Va da sé – ha detto il professore – che il presupposto per la meccanizzazione di operazioni come raccolta e potatura è un sistema di allevamento adatto. L’architettura del frutteto è fondamentale per l’adozione di meccanizzazione e automazione”. Whiting ha illustrato velocemente alcuni sistemi d’allevamento, partendo dai ceraseti classici e sottolineando come strutture planari, in parete, offrano diversi vantaggi per andare verso una meccanizzazione sempre più spinta e automazione.
Dopo aver mostrato un video relativo alla potatura manuale del ciliegio, con il potatore che ha operato 66 tagli in 71 secondi dimostrando un’abilità propria solo di chi ha grande esperienza, Matthew Whiting ha detto: “Abbiamo visto tutti tagli fatti da terra, poi ovviamente occorrerà potare anche la parte alta della pianta ma la domanda che ogni frutticoltore si fa è: quali sono le regole di potatura? Insegnare a un nuovo gruppo di lavoratori queste regole non è semplice”.
Ed ecco perché le operazioni di potatura sono al secondo posto per incidenza fra i costi di produzione. Poi il professore ha illustrato i vantaggi, per esempio, di una forma d’allevamento UFO (Upright Fruiting Offshoots) che solitamente si utilizza in impianti ad alta densità.
Un video girato diversi anni fa durante prove del gruppo di ricerca della WSU ha dimostrato come in sistemi a UFO si possa utilizzare un macchinario con grandi seghe circolari montato su trattore per la potatura meccanizzata. Vengono così tagliati tutti i rami laterali: “La velocità di potatura dipende della velocità del trattore – ha detto il professore – l’uniformità di potatura è ragionevolmente buona ed è semplice da fare ma è una potatura non selettiva.
Spesso abbiamo riscontrato poi che è difficile avvicinarsi molto alla parete fruttifera e ci sono domande cui va trovata risposta, per esempio relative all’eventuale trasferimento di malattie. Confrontando però la potatura meccanica con la potatura manuale abbiamo visto che è 13 volte più veloce”.
Dopo le prime prove risalenti a una decina di anni fa, utilizzando anche altri macchinari per la potatura meccanica, sempre su ceraseti a UFO, il team di ricerca della WSU ha misurato l’efficienza della potatura meccanizzata anche seguita da rifinitura a mano, confrontandola con quella manuale. Le prove sono state fatte su più anni: “In media, con tre passaggi per fila, si è 28 volte più veloci ma si potrebbe arrivare anche a 30 volte di più”, ha detto Matthew Whiting.
In fine uno sguardo a un futuro non troppo lontano con le prove di potatura robotizzata (guardate il video del robot di potatura all’opera a questo link).
“I processi – ha spiegato – sono piuttosto semplici e sono composti da tre elementi chiave, il primo dei quali è la visione. Il secondo è pianificare il percorso ovvero come avvicinarsi e muoversi verso l'obiettivo. In fine cosa farà effettivamente una volta arrivato lì. Ci stiamo lavorando”.
Il robot per l’impollinazione può portare ad aumenti di resa
Restando in tema di robotica, la WSU sta lavorando anche sul dirado robotizzato, sempre nell’ottica di aumentare l’efficienza della produzione e migliorare la qualità. Il sistema è stato mostrato al lavoro in un meleto (potete vedere il video qui)
Per ora il gruppo di ricerca ha fatto solo test: “C'è una telecamera che individua i grappoli di fiori. Tende un braccio e si avvicina. Poi l'attuazione o lo strumento finale è una serie di corde di nylon molto corte che girano ad alta velocità per staccare fisicamente i fiori o rimuoverne una parte”.
Il momento dell’impollinazione per il ciliegio è molto delicato, come ogni coltivatore sa la finestra utile si misura in ore. L’impollinazione meccanica può essere d’aiuto: “In realtà – ha specificato Whiting - la chiamiamo impollinazione artificiale supplementare. E questo lavoro si basa sull’applicazione di una sospensione liquida di polline utilizzando sistemi di spruzzatura elettrostatica”.
Meglio non farsi ubriacare dagli ottimi risultati però: “Nelle annate positive, quando l’impollinazione è sufficiente – ha avvertito il professore - quella supplementare non serve e non porta benefici. In altri casi però abbiamo riscontrato risultati ottimi attraverso questo sistema”.
Secondo i dati mostrati per la varietà Bing, in una determinata annata, con 30 grammi di polline per 0,40 ettari (1 acro) si è aumentata la resa del 23%. La sperimentazione è andata avanti poi sulla varietà Coral Champagne, in una specifica annata, con due applicazioni da 15 grammi ciascuna di polline per 0,40 ha c’è stato un aumento di resa del 27%.
Per la raccolta meccanizzata serve ancora ricerca
Infine, il webinar ha affrontato il tema della raccolta meccanizzata, qualcosa che ogni cerasicoltore sogna. La WSU sta lavorando da anni per renderla possibile nei ceraseti ma occorre specificare da subito che l’università americana si sta occupando della raccolta meccanica di ciliegie senza peduncolo.
Fra i fattori che incidono sull’efficienza della raccolta, il primo e il più importante è proprio la capacità dei raccoglitori ma anche il sistema d’allevamento influisce. “Quello che abbiamo visto con prove sul campo – ha raccontato il professore – è che semplicemente migliorando le architetture e utilizzando una squadra di raccolta qualificata, è possibile avere un impatto significativo sull’efficienza della raccolta.
Nel breve termine stiamo lavorando con strumenti e tecniche di raccolta assistita meccanicamente, ciò che chiamiamo shakerato. Nel lungo periodo invece immaginiamo un sistema di raccolta completamente meccanico”. Matthew Whiting ha poi mostrato il prototipo messo a punto da Donald Peterson, ingegnere agricolo dell’USDA West Virginia che la WSU sta testando da 15 anni (un approfondimento scientifico sul prototipo potete scaricarlo qui).
Mentre si attende la piena meccanizzazione della raccolta, il team della WSU ha sviluppato sistemi che si basano sullo shaking meccanicamente assistito. “Abbiamo effettuato test su scala ampia e abbiamo riscontrato un miglioramento da 3 a 4 volte nell’efficienza del raccolto, utilizzando questi approcci”.
Il futuro, secondo il professore, non potrà prescindere dalla meccanizzazione e dall’automazione per migliorare l’efficienza produttiva ma “la ricerca potrà dare frutti solo in un contesto di lavoro trans-disciplinare che coinvolga biologia e tecnologia. Quando pensiamo a piantare nuovi frutteti – ha concluso - e a progettarli, dobbiamo dare priorità all’elevata efficienza”.
Immagine: A. You, N. Parayil, J.G. Krishna, U. Bhattarai, R. Sapkota, D. Ahmed, M.Whiting, M. Karkee, C.M. Grimm, J.R. Davidson (2022). An autonomous robot for pruning modern, planar fruit trees. Journal of Robotics and Automation Letters.
Barbara Righini
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