È partita ufficialmente la campagna cerasicola 2025/26 in Argentina, ma gli operatori del settore invitano alla prudenza: le quantità destinate all’export potrebbero non raggiungere le previsioni iniziali.
A settembre, la Camera argentina dei produttori integrati di ciliegie (Capci) aveva ipotizzato un incremento dell’8-12% rispetto alle 8.100 tonnellate esportate nella scorsa stagione, sempre che le condizioni climatiche rimanessero favorevoli. Tuttavia, segnali recenti provenienti dalle principali aree produttive del Paese – in particolare le province patagoniche di Río Negro e Neuquén – fanno temere un ridimensionamento delle aspettative.

Il “corrimiento” preoccupa i produttori
Sebbene la qualità dei frutti raccolti sia ritenuta buona, un fenomeno fisiologico noto come “corrimiento”, ovvero il distacco precoce delle ciliegie dalla pianta, sta creando preoccupazione. Secondo quanto dichiarato da Aníbal Caminiti, direttore di Capci, si tratta di un evento noto nella regione, ma che quest’anno si è presentato con un’intensità superiore alla norma, incidendo in maniera diretta sulle rese complessive.
Alla base del problema potrebbero esserci anomalie climatiche. Nonostante l’inverno abbia fornito un numero sufficiente di ore di freddo, la qualità del freddo è risultata irregolare, con sbalzi termici significativi nei mesi di maggio e luglio. A questo si è aggiunta una primavera più calda del consueto, che ha alterato i processi fisiologici degli alberi, causando una minore capacità di trattenere i frutti, pur senza compromettere la loro qualità.
Le aree produttive e il nodo dei costi
La raccolta è partita come di consueto nelle province di Mendoza e Jujuy, ma i frutti di queste zone – soggetti alla presenza di mosca della frutta – sono destinati principalmente al mercato interno. L’export si concentra invece nelle aree meridionali del Paese, ovvero Río Negro, Chubut, Neuquén e Santa Cruz, dove si trova il cuore della produzione di ciliegie da esportazione.
Negli ultimi anni, l’industria cerasicola argentina ha investito in modo significativo in tecnologie di post-raccolta e sistemi di irrigazione, facendo leva su condizioni pedoclimatiche favorevoli e su un know-how tecnico sempre più avanzato. Tuttavia, il settore si trova a fare i conti con costi produttivi elevati, che limitano la competitività sul mercato internazionale. Questo scenario ha frenato l’espansione delle superfici coltivate, che da oltre 15 anni restano ferme a circa 2.200 ettari.
Verso una stagione di stabilità
Alla luce di queste incertezze, Capci ha rivisto con maggiore cautela le proprie proiezioni. Caminiti ha dichiarato che, nel migliore dei casi, l’export 2025/26 si manterrà sugli stessi livelli della scorsa stagione, ma non si esclude un possibile calo nei volumi complessivi.
Una cosa è certa: l’Argentina resta un attore di rilievo nel panorama cerasicolo dell’emisfero sud, ma sarà fondamentale monitorare l’evoluzione climatica e le risposte agronomiche nei prossimi mesi per capire quale direzione prenderà davvero la stagione.
Fonte testo e immagine: fruchthandel.de
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