La coltivazione del ciliegio sta cercando di compiere una transizione verso una produzione più rispettosa dell’ambiente, che consenta di ridurre l’impronta di carbonio e ottenere alimenti più sicuri. Sebbene l’uso dei prodotti biologici stia aumentando, il ciliegio ha ancora bisogno di nuove tecnologie per soddisfare tutte le sue esigenze in modo sostenibile.
I progressi tecnologici sviluppati per l’armamento militare nella Prima Guerra Mondiale sono stati i precursori di strumenti oggi comuni. È il caso, ad esempio, dei fitosanitari. “Tutti i metodi di controllo dei patogeni erano biologici, ma tutto è cambiato dopo la Prima Guerra Mondiale, quando si è cominciato a sfruttare la tecnologia allora sviluppata”, afferma il Dr. Eduardo Donoso, fondatore e direttore di Bio Insumos Nativa.
È così che il controllo dei fitopatogeni si è spostato sui prodotti chimici, che offrivano risultati rapidi ed efficaci in campo. Dopo il loro ingresso nella lotta contro i parassiti, i prodotti chimici sono stati impiegati anche per altre esigenze colturali, come la nutrizione, la gestione dello stress, il controllo delle infestanti, e così via.
Ritornare al naturale per una produzione integrata
Un aspetto che allora non venne considerato furono gli effetti collaterali dell’applicazione di prodotti chimici sull’ambiente: i residui nel suolo e negli alimenti, e la resistenza sviluppata da malattie e parassiti. Oggi, ad esempio, si sa che meno della metà dei fertilizzanti azotati applicati viene effettivamente assorbita dalle colture, un’inefficienza nutrizionale con conseguenze sia economiche sia ambientali.
Da alcuni anni, sia tra gli agricoltori sia tra i consumatori, cresce l’interesse globale per alimenti prodotti in modo più sostenibile, privi di residui chimici e con un impatto ambientale ridotto. In questo contesto, i prodotti biologici stanno riconquistando parte del loro protagonismo, cercando di affiancare – e in alcuni casi sostituire – le applicazioni convenzionali.
Per il Cile, Paese esportatore di frutta per eccellenza, sono le spinte del mercato a determinare i metodi di produzione, motivo per cui i biologici sono sempre più presenti nei programmi agronomici. Anche nel caso del ciliegio – coltura che ha reso il Cile il maggiore esportatore mondiale – la tendenza è confermata, sebbene, secondo gli esperti, vi siano ancora sfide da affrontare.
Ancora un complemento per il frutto simbolo del Paese
“Oggi esiste un’offerta molto ampia e potente di prodotti biologici, al punto che – a mio avviso – c’è così tanta informazione che rischiamo di perderci”, afferma Walter Masman, consulente e specialista in ciliegio.
L’esperto sottolinea che, nonostante questa abbondanza informativa, la rapida espansione dell’offerta biologica – proveniente sia da nuove realtà di ricerca che da grandi aziende chimiche entrate nel settore – ha permesso di mantenere prezzi competitivi. “I costi rientrano nei range normali per un programma agronomico. Oggi, l’uso di questi prodotti spesso non comporta un aumento dei costi rispetto alle soluzioni convenzionali”, conclude.
Il futuro biologico del ciliegio cileno
Il Dr. Donoso, di Bio Insumos Nativa, conferma che vi è un’importante penetrazione delle aziende chimiche nel settore biologico. “Oggi tutte le chimiche sono anche biologiche. Chi vent’anni fa non credeva nei biologici, ora ha divisioni dedicate a questi prodotti, e sono nate anche molte spin-off”, racconta.
Marlene Ayala, docente della Pontificia Universidad Católica de Chile, spiega che l’ampia offerta di soluzioni ha favorito l’adozione dei bioinput da parte di un numero crescente di produttori. “Anche se i produttori completamente biologici non sono molti, vediamo comunque una transizione verso sistemi di produzione più sostenibili, in cui i bioinput vengono sempre più integrati”.
Bioinput per diversi tipi di stress
Per quanto riguarda le soluzioni più utilizzate nei ceraseti, il Dr. Donoso sottolinea: “Le alghe sono, di gran lunga, l’elemento più impiegato per la nutrizione”. Per stimolare la tolleranza agli stress e per il controllo della Phytophthora, i funghi come il Trichoderma hanno dato buoni risultati. “Anche alcuni Agrobacterium radiobacter per il controllo delle galle. A livello fogliare, ritengo che la cosa più importante sia il controllo della Pseudomonas, principalmente con Bacillus”, afferma.
Anche per il controllo dei funghi del legno i biologici offrono un valido supporto. Secondo Sebastián Navarro, agronomo della PUCV e consulente per nocciolo e ciliegio da Chillán verso sud, “credo che oggi il principale incentivo all’uso di biologici da parte dei produttori, almeno nel sud del Cile, riguardi proprio l’attacco dei funghi del legno”, dove il Trichoderma è tra i più utilizzati. Come aggiunge il Dr. Donoso, “il controllo della Pseudomonas e dei funghi del legno unicamente con prodotti biologici è già una realtà, e abbiamo diversi clienti che lo fanno con ottimi risultati”.
Per quanto riguarda gli stress abiotici, i microrganismi si rivelano molto utili. Nel caso delle inondazioni avvenute alla fine del 2023, con piante in condizioni di anossia radicale, l’applicazione di consorzi microbici ha aiutato i produttori ad affrontare l’imprevisto. “Molte aziende hanno proposto consorzi di microrganismi per stimolare l’attività radicale. Gli alberi erano bloccati a causa dell’inondazione: la parte aerea era attiva ma senza flusso, perciò i microrganismi hanno rappresentato una valida alternativa”, spiega la Dr.ssa Ayala, riferendosi a interventi d’emergenza per mitigare lo stress.
Stress estivi e post-raccolta
Come noto, i bioinput – in particolare i biostimolanti – offrono risultati migliori su colture che si trovano già sotto una certa forma di stress: i loro effetti non si manifestano in modo evidente su piante perfettamente sane. Sono dunque strumenti ideali in condizioni di stress idrico, salino, termico o legato al carico produttivo.
Uno dei periodi di maggiore stress per i ciliegi dell’emisfero sud è l’estate, quando si accumulano stress da carico prima della raccolta, temperature elevate e bassa umidità relativa, spesso accompagnati da deficit idrico. “L’intero sistema fisiologico e fotosintetico è sottoposto a uno stress severo, e i produttori applicano biostimolanti proprio in questo momento per mitigarne gli effetti”, osserva la docente.
Il periodo post-raccolta è cruciale per la stagione successiva, ed è considerato da molti l’inizio della nuova campagna. In questa fase si utilizzano soprattutto alghe e microrganismi, per ridurre stress da radiazione, calore e carenza idrica, in un momento in cui l’attività radicale raggiunge i massimi livelli.
Validare, validare, validare
La rapida crescita dell’offerta e la nascita di aziende, startup e spin-off nel panorama dei prodotti biologici in Cile ha fatto emergere preoccupazioni sulla qualità delle soluzioni disponibili. Alcune imprese seguono l’intera filiera, dalla ricerca alla commercializzazione, mentre altre importano prodotti già sviluppati.
Gli esperti avvertono che è fondamentale validare ogni prodotto prima dell’uso, perché ciò che funziona in una zona potrebbe non essere efficace altrove. Inoltre, ogni stagione è diversa: ottenere buoni risultati in un’annata non garantisce il successo del prodotto. “Ogni stagione è diversa, ogni frutteto è diverso. Per validare bisogna considerare portainnesto e varietà. Si può avere un anno caldo con El Niño o uno freddo con La Niña, quindi servono almeno tre stagioni di test”, spiega Ayala.
Anche il Dr. Donoso ribadisce l’importanza della validazione, considerando le specificità climatiche. “Abbiamo avuto quindici anni di siccità, in cui alcuni prodotti funzionavano benissimo. Poi sono arrivati due anni di El Niño, e hanno smesso di funzionare. Serve validare sia in campo che in condizioni controllate, dove si possa simulare la pressione del patogeno”.
“Il futuro è biologico”
Che si tratti di rispondere alla domanda dei consumatori per ciliegie più sicure, o della necessità di sostituire principi attivi vietati, il futuro della produzione guarda al verde. Masman afferma che i biologici sono già una realtà, e che l’adattamento da parte degli agricoltori è in corso, anche se “è un processo lento”.
Il successo e l’interesse per questi prodotti è tale che ormai sono standardizzati nei programmi agronomici. “Certo, ci sono zone dove, per prevalenza di determinate malattie o condizioni climatiche, è possibile fare di più. Lo stesso vale per il suolo, dove possiamo aver bisogno di prodotti specifici per stimolare lo sviluppo radicale”. Masman sottolinea che il suo programma include anche biocontrollori per le malattie, ma precisa: “Non è l’unica strada: ci sono i chimici, ma esiste anche questa ala biologica, che è qui per restare”.
Marlene Ayala aggiunge che le soluzioni biologiche permettono di ridurre l’impronta di carbonio e l’uso di combustibili fossili. “Integrare tutti questi aspetti per costruire un sistema sostenibile in transizione è il messaggio che vogliamo trasmettere al consumatore finale. Vogliamo dirgli che il sistema è sempre meno estrattivo, meno inquinante e distruttivo, e che cerchiamo equilibrio”.
Il Dr. Donoso vede con ottimismo lo sviluppo dei biologici per il ciliegio cileno, e crede in un “futuro biologico”. Aggiunge inoltre che, “considerando i costi di sviluppo e la facilità di accesso al mercato, è probabile che nei prossimi vent’anni almeno la metà – o più della metà – dei nuovi prodotti in commercio sarà di tipo biologico”.
Consuelo Schwerter Téllez e Miguel Patiño
Redagricola
Fonte immagine: Redagricola
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