In Oregon l’allarme X-disease cala: i vettori di fitoplasma sono meno aggressivi rispetto a Washington. Una differente composizione delle specie di cicaline spiega perché le ciliegie dell’Oregon sono meno colpite dalla X-disease, malattia che continua invece a preoccupare i produttori di Washington.
Mentre in molte aree cerasicole degli Stati Uniti l’allerta per la X-disease – o “little cherry disease” – resta alta, i coltivatori dell’Oregon sembrano poter respirare, almeno in parte.
A differenza dello Stato di Washington, dove le piante infette vengono spesso abbattute in massa, in Oregon l’incidenza della malattia è più contenuta. Il motivo? Una questione di insetti.
Cicaline diverse, rischi diversi
La X-disease è provocata da un fitoplasma che viene trasmesso da varie specie di cicaline. Tuttavia, non tutte sembrano avere la stessa efficienza nel veicolare il patogeno.
A The Dalles – cuore produttivo della ciliegia dolce in Oregon – la specie dominante è Euscelidius variegatus, che rappresenta circa l’80% della popolazione di cicaline.
Secondo Chris Adams, entomologo presso l’Oregon State University Mid-Columbia Agricultural Research and Extension Center, E. variegatus è in grado di trasmettere il fitoplasma, ma lo fa in modo meno efficace rispetto ad altre specie.
In parte, ciò è dovuto al fatto che vive prevalentemente nei filari tra gli alberi e raramente si sposta nella chioma, dove potrebbe infettare le piante.
Un altro fattore rilevante è il tempo richiesto per trasmettere il patogeno: anche quando si nutre su una pianta infetta, E. variegatus impiega molto prima di diventare infettivo.
Negli anni ’50, in California, i ricercatori dovettero addirittura iniettarlo con il patogeno per studiarne il comportamento.
Non tutte le specie di cavallette sono uguali. Tra quelle che hanno dimostrato di trasmettere la malattia X nelle drupacee, la distribuzione geografica è varia. La specie predominante nella regione di coltivazione della Columbia Gorge, in Oregon, è l'Euscelidius variegatus (1), un vettore inefficiente rispetto al responsabile predominante nei frutteti infetti di Washington, il Colladonus reductus (2). Il Colladonus geminatus (3) compare a volte nel Washington centro-settentrionale, ma non è il parassita principale che desta preoccupazione. (Foto per gentile concessione di César A. Reyes Corral/Università statale di Washington)
Washington resta sotto pressione
Scenario ben diverso a sud dello stato di Washington, dove la principale cicalina vettore è Colladonus reductus, molto più efficace nella diffusione della X-disease.
A complicare la situazione si aggiunge Colladonus geminatus, vecchio nemico del settore già noto negli anni ’50: oggi è meno diffuso, ma continua a farsi vedere, specialmente nell’area di Wenatchee.
Come evidenzia Tobin Northfield, entomologo della Washington State University, la pressione in quel territorio resta elevata: una pianta infetta va immediatamente rimossa, poiché non esistono cure per la malattia.
Meno rimozioni in Oregon, più ricerca
In Oregon, i produttori hanno rimosso meno ettari rispetto ai colleghi di Washington.
Questo ha permesso a ricercatori come Adams di dedicarsi allo studio del ciclo biologico di E. variegatus e del suo comportamento, anche attraverso il rilascio controllato degli insetti nei blocchi sperimentali.
Una pratica che sarebbe considerata troppo rischiosa in presenza di specie più infettive, come C. reductus.
Ashley Thompson, specialista della Oregon State University Extension, segnala che alcuni coltivatori locali mantengono comunque alta la guardia e rimuovono le piante sospette al primo segnale, mentre altri adottano un approccio più attendista.
In generale, però, le preoccupazioni si stanno spostando altrove: il virus del tomato ringspot – trasmesso dai nematodi – e insetti come la drosophila a macchia alata e la mosca della ciliegia occidentale sono oggi più temuti.
E se c’è qualcosa che davvero tiene svegli i produttori, sono i costi del lavoro, la burocrazia e l’accesso ai mercati.
“Per molti la X-disease non è più in cima alla lista delle emergenze”, conclude Thompson.
Fonte testo e immagine interna: goodfruit
Fonte immagine apertura: Michel Ehrhardt
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