Gli imprevisti climatici si moltiplicano anche in Cile, ad ogni nuova stagione i cerasicoltori si trovano ad affrontare nuove sfide. Ecco perché anche nel Paese sudamericano la ricerca sta facendo quadrato attorno ai frutticoltori per cercare soluzioni che permettano loro di continuare a produrre, mantenendo la qualità e soddisfacendo la domanda.
Di cambiamento climatico e di strategie di adattamento si è parlato di recente a ‘Expo Cereza’ che si è tenuto a Romeral, borgo a 400 metri sul livello del mare che si trova nella regione di Maule, la principale per la produzione di ciliegie.
In Cile oltre 61.500ha di ceraseti, boom senza fine
Il Cile ha vissuto negli ultimi 20 anni un vero e proprio boom della cerasicoltura. Secondo dati ODEPA (Ufficio Studi di Politiche Agrarie che fa capo al ministero dell’Agricoltura cileno), nel 2022 gli ettari totali coltivati a ciliegio dolce erano 61.559, nel 2004 erano poco più di 7.000, solo l’anno scorso poi sono stati impiantati 12.599 ettari di nuovi ceraseti.
La regione di Maule conta da sola 27.818 ettari di ceraseti. La maggior parte della produzione cilena è indirizzata all’export, per quasi il 90% è diretta in Cina e proprio pochi giorni fa è arrivato a Shanghai il primo carico della stagione appena iniziata. Sempre secondo dati ufficiali nel 2023, da gennaio a settembre, sono state esportate 302.827 tonnellate per un valore di 1.819 milioni di dollari, il 39,4% del valore totale di esportazioni di frutta fresca cilena.
Cambiamento climatico, tutti gli effetti sui ceraseti
Le ciliegie sono importanti per l’economia del Cile, è naturale quindi che ci si interroghi sui riflessi della crisi climatica sulla produzione. Álvaro Sepúlveda, ricercatore del Centro de Pomàceas dell’Università di Talca, ha presentato durante ‘Expo Cereza’ una relazione dal titolo ‘Sfide e Strumenti per produrre ciliegie in un clima che cambia’.
“Il nuovo scenario climatico – ci ha raccontato Álvaro Sepúlveda - ha generato diverse complessità soprattutto nel Cile centrale, dove si trova oltre l'80% dei ceraseti. Il cambiamento climatico sta causando eventi meteorologici estremi, diminuzione delle precipitazioni, meno freddo invernale, aumento dello stress fototermico e idrico".
Álvaro Sepúlveda
"Da ciò derivano, per le piante di ciliegio dolce, cambiamenti nella frequenza degli stadi fenologici, riduzione della fotosintesi netta, aumento dei fotoassimilati nei sistemi difensivi (pigmenti, composti fenolici e antiossidanti), maggiore domanda di acqua/minore efficienza nell'uso dell'acqua, perdita della qualità dei frutti (colore, calibro, difetti), riduzione della vita dei frutti post-raccolta. Il Centro de Pomàceas dell’Università di Talca negli ultimi anni sta concentrando le sue ricerche anche sugli effetti che questi cambiamenti provocano sulla qualità del frutto”.
In Cile, dal 2006 si assiste a lunghi periodi di siccità, si sono avuti inverni caldi (2006, 2012, 2015, 2023), gelate (2013, 2014, 2019, 2022), grandinate (2018), piogge intense in prossimità della raccolta con conseguenti problematiche di cracking (2014 e, si teme, anche 2023), ondate di calore in primavera ed estate (2019, 2022).
Le piante sono messe a dura prova e così lo sono anche i bilanci delle aziende agricole. “In generale – ci ha raccontato ancora il ricercatore - le aree di produzione delle ciliegie conosceranno meno freddo invernale durante la dormienza e più giorni di temperature estremamente elevate durante la stagione di crescita dei frutti e le fasi di formazione dei boccioli per la stagione successiva. Abbiamo visto differenze nella fioritura degli ultimi due anni. L’elevato accumulo di freddo invernale, nel 2022, ha comportato un tempo di fioritura anticipato e più breve.
Le ondate di calore durante la fase III della crescita dei frutti possono influenzare la maturazione. Durante il post-raccolta d’altra parte possono influenzare la formazione degli organi floreali nei boccioli e provocare frutti con alterazioni nella stagione successiva. Il rischio di frutti con doppio pistillo aumenta con una temperatura media massima giornaliera superiore a 32°C, durante il mese più caldo, 100 giorni dopo la piena fioritura, che coinciderebbe con la formazione degli organi per le cultivar prodotte nelle aree fruttifere del Cile centrale”.
Cambiamento climatico, servono contromisure a breve e a lungo periodo
Ed ecco introdurre le prime contromisure per proteggere le produzioni come ad esempio applicazioni a base di caolino che permettono comunque lo scambio gassoso e possono aiutare, soprattutto se integrate con biostimolanti, a proteggere gli alberi e le loro gemme dall’elevata radiazione solare e dallo stress termico durante l’estate.
Nel lungo periodo c’è la possibilità di modificare le zone di produzione e spostare i frutteti in areali più adatti, viste le nuove condizioni climatiche. Si può lavorare sul miglioramento genetico individuando cultivar resilienti, “cultivar preferibilmente ottenute in programmi di miglioramento locali, che abbiano basso fabbisogno di freddo, minore richiesta di acqua, ricche di composti fotoprotettivi (pigmenti, antiossidanti)”.
Nel breve periodo e quindi per i ceraseti già impiantati e in produzione ci sono comunque strategie di management che possono aiutare a fronteggiare la crisi climatica. Le nuove tecnologie possono essere d’aiuto: “Come strumenti tecnologici ci sono molte possibilità, dall'utilizzo di una stazione meteorologica all’interpretazione agronomica dei dati raccolti, dall'utilizzo di piattaforme per il supporto alle decisioni a pratiche o applicazioni di strumenti nell'agricoltura di precisione.
Sebbene l’applicazione di queste tecnologie sia meno frequente negli alberi da frutto, ci sono progressi soprattutto legati al conteggio dei frutti per la stima del raccolto, utilizzando l’elaborazione delle immagini”, ha spiegato ancora Sepúlveda. Si possono poi utilizzare prodotti di vario genere: “Per anticipare o ritardare la fioritura e la data di raccolta, per evitare il gelo, per programmare la raccolta a mano o secondo criteri commerciali”.
In fine il grande capitolo delle coperture, sempre più necessarie sia per evitare l’attacco di fitofagi sia per prevenire problematiche che derivano dal clima. Le piogge eccessive, in momenti particolari, ad esempio sono le prime indiziate per il cracking.
“La gestione del microclima è affidata principalmente all'utilizzo di coperture, sia a tetto che a pavimento. A seconda dell'obiettivo cambia il tipo di copertura da utilizzare. Rete ombreggiante fitta e nera contro gli inverni caldi; tessuto impermeabile per evitare le precipitazioni; rete ombreggiante per ridurre lo stress".
"Possono però essere utilizzate anche per manipolare la fenologia, secondo un obiettivo produttivo. Così, nel Cile centrale, la copertura in plastica è stata utilizzata per forzare il germogliamento e l’anticipo del periodo di raccolta”.
Barbara Righini
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