Stefano Lugli - SL Fruit Service
Coordinatore comitato tecnico-scientifico
Continuano a diminuire le superfici investite a ciliegio in Italia e cala drasticamente nel 2013 la produzione nazionale del frutto più amato dagli italiani. Ci salveranno le ciliegie romagnole o dovremo abituarci a mangiare ciliegie turche e uzbeke? Probabilmente si.
Grazie agli investimenti realizzati da Apofruit nell'area cesenate e forlivese e quelli di Agrintesa in quella faentina, secondo l'ultimo report di CIA, la Romagna ha quasi raddoppiato le superfici a ciliegio in appena 10 anni, in controdenza ai trend nazionali e a quelli dei ricchi e blasonati cugini vignolesi.
Purtroppo la cerasicoltura romagnola, come tante altre, ha dovuto subire quest'anno gli effetti devastanti del cambiamento climatico: gelate, piogge e alluvioni che, di fatto, hanno azzerato le produzioni locali di ciliegie. Leggi qui il report di CIA.
E se i romagnoli oggi piangono, pur guardando con un certo ottimismo al loro futuro, gli emiliani di certo non ridono e vedono come fumo negli occhi ogni prospettiva di crescita del comparto ciliegia.
Pochi raggi di sole e molte nubi all'orizzonte: basta ricordare che le blasonate ciliegie vignolesi hanno toccato nel 2023 il minimo storico dopo 150 anni, con appena 3.000 tonnellate di ciliegie raccolte. E invece di investire in nuovi impianti, a Vignola si continuano ad abbattere ciliegi. Così come in Puglia, la regione leader in Italia nella produzione di ciliegie.
Stiamo andando alla deriva. E non è solo colpa dei cambiamenti climatici.
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