Un’annata storica per il settore: l’offerta mondiale si contrae, mentre l’emisfero Sud si prepara a cogliere le opportunità del momento.
Il comparto internazionale delle ciliegie fresche sta attraversando una fase di trasformazione senza precedenti. Secondo l’ultimo report del Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti (USDA), pubblicato a settembre 2025, la produzione globale nella stagione 2025/26 (aprile 2025 - marzo 2026) subirà un calo superiore al 10%, attestandosi a 4,6 milioni di tonnellate.
È la prima flessione su scala mondiale degli ultimi sei anni e ha origine nelle perdite produttive registrate in Turchia, Europa e Stati Uniti.

L’effetto domino sul mercato
Nonostante il parziale recupero di raccolti in Cile e Cina, la riduzione dell’offerta ha già innescato un’impennata dei prezzi nei mercati ad alto consumo. La situazione si è aggravata nei paesi tradizionalmente riforniti dalla Turchia, lasciando spazio a esportatori alternativi, pronti a occupare le quote di mercato lasciate vacanti.
Il caso turco è emblematico. Il paese, un tempo tra i principali esportatori globali, vedrà la sua produzione ridursi del 60%, fermandosi a sole 400.000 tonnellate. Le esportazioni crolleranno dell’85%, scendendo a 10.000 tonnellate.
Questo vuoto da 56.000 tonnellate nel commercio internazionale non potrà essere colmato da nessun singolo operatore, causando un terremoto negli equilibri globali.
L’Europa e la Russia cercano alternative
Anche l’Unione Europea ha subito pesanti contraccolpi, con un calo produttivo del 15% a causa delle gelate in Polonia, Grecia e Italia. Le importazioni comunitarie sono crollate del 60%, passando a 23.000 tonnellate.
Non si tratta di una minore domanda, bensì di un razionamento forzato dovuto all’aumento dei prezzi e alla scarsità di offerta.
Negli Stati Uniti, la produzione ha toccato le 403.000 tonnellate, in calo rispetto al 2024/25. Per compensare, Washington aumenterà le importazioni in controstagione del 25%, fino a 30.000 tonnellate, puntando soprattutto sul prodotto cileno.
Nel frattempo, il mercato turco ha registrato un raddoppio dei prezzi all’export nei primi tre mesi della stagione, mentre i valori interni hanno raggiunto livelli record, spingendo i produttori a destinare quasi il 98% della raccolta al consumo domestico.
Le finestre favorevoli per l’emisfero Sud
In un contesto di scarsità come quello attuale, i mesi di aprile e ottobre — tradizionalmente critici per l’approvvigionamento di ciliegie nell’emisfero Nord — rappresentano una finestra strategica per i produttori dell’emisfero Sud.
Si prevede che la nuova campagna di esportazione sudamericana possa beneficiare di listini molto più alti rispetto alla scorsa stagione, a patto di garantire standard qualitativi elevati.
Cile e Cina: i due grandi vincitori
In mezzo al caos, spiccano due protagonisti: Cina e Cile. La Cina si conferma primo produttore mondiale con 900.000 tonnellate, ma la domanda interna continua a crescere più rapidamente dell’offerta.
Le importazioni raggiungeranno un massimo storico di 600.000 tonnellate (+8%), trainate dalla fascia premium del mercato cinese.
Il Cile, invece, recita un ruolo da assoluto protagonista. Con una produzione record di 730.000 tonnellate e un’esportazione prevista di 670.000 (+10%), si impone come compensatore naturale della crisi turca.
La sua finestra produttiva, perfettamente sfasata rispetto a quella del Nord, consente ai produttori cileni di entrare nei mercati USA e asiatici nei momenti di maggiore tensione sui prezzi, con un potere contrattuale mai visto prima.
Rischi e opportunità di un mercato polarizzato
Nonostante la flessione della produzione globale, il commercio internazionale di ciliegie dovrebbe restare stabile intorno alle 939.000 tonnellate, grazie all’espansione cilena. Tuttavia, questo equilibrio numerico nasconde un mercato più costoso e volubile: meno concorrenza, più volatilità.
L’USDA segnala come i principali importatori stiano reagendo in modo differenziato:
- L’Unione Europea è quella che ha subito i rincari più forti, avendo perso il suo fornitore principale, la Turchia.
- La Russia, grazie a fonti alternative come Uzbekistan, Iran e Azerbaigian, ha contenuto i danni, anche se dovrà fronteggiare costi logistici maggiori.
- USA e Cina, con potere d’acquisto superiore, assorbono i rincari senza crolli nei consumi, accentuando la spaccatura tra mercati ricchi e regioni che vedono ridursi la domanda.
Per i produttori, la situazione attuale offre prospettive interessanti, soprattutto per il Cile e, in parte, per i nuovi player dell’Asia Centrale. Ma la forte concentrazione dell’offerta in pochi paesi comporta anche vulnerabilità: un evento climatico estremo in Cile, ad esempio, potrebbe causare un’ulteriore impennata dei prezzi globali.
Infine, resta da monitorare la strategia dei produttori cileni sul mercato cinese. L’anno scorso, nonostante volumi elevati, molti esportatori hanno registrato margini negativi a causa di una qualità disomogenea della frutta nei momenti chiave di gennaio.
Verso una ciliegia di lusso?
Il crollo della produzione globale di ciliegie non è solo un fenomeno agricolo, ma una crisi economica dai riflessi globali.
L’aumento dei prezzi sembra destinato a proseguire nei mesi a venire, specialmente con l’arrivo dell’offerta dell’emisfero Sud. Il rischio? Che la ciliegia si trasformi sempre più in un frutto di nicchia, riservato ai consumatori ad alto reddito, lasciando indietro ampie fasce di mercato.
Fonte: masp-lmneuquen-com
Fonte immagine: Javea
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